Un Paese più ricco e sano: utopia o realtà?

L’anno appena trascorso ci ha portato a riflettere sulla nostra salute, a capire quanto sia davvero importante. Ma quanto ancora potremmo fare in termini di prevenzione? E quante morti potrebbero essere evitate adottando stili di vita più consapevoli?

Investire sulla prevenzione non solo consentirebbe di diminuire l’incidenza delle patologie croniche ma anche di ridurre i costi del Sistema Sanitario Nazionale, in continuo aumento. Siamo tra i paesi più longevi al mondo ma i nostri anziani sono anche tra i più malati, affinché la longevità non si trasformi in un faticoso percorso ad ostacoli, è necessario poter vivere in salute; dovremmo quindi ridurre il divario tra la durata della vita e la durata della vita in salute.

QUANTO PESA LA PREVENZIONE ?

Che uno di vita sano migliori l’aspettativa di vita e riduca il rischio di malattie croniche è noto da tempo; uno studio condotto su oltre 111 mila pazienti pubblicato nel 2020 sul British Medical Journal lo ha quantificato dimostrando come condurre un sano stile di vita consenta di aumentare di 10 anni l’aspettativa di vita libera da patologie croniche. Sappiamo anche, grazie ad una prestigiosa analisi condotta da 130 scienziati di 40 Paesi e pubblicata su Lancet, che ogni anno una morte su cinque è imputabile al consumo insufficiente di cibi sani. 

Analizziamo insieme alcuni dati: tra le principali cause di mortalità abbiamo le patologie cardiovascolari e i tumori

Si stima che in Italia vi siano in un anno 377.000 nuove diagnosi di tumore, poco più di 1000 nuove diagnosi al giorno, il costo per il Sistema Sanitario Nazionale è pari a 19 miliardi l’anno. Quale importanza hanno gli stili di vita nella prevenzione dei tumori? Il fumo di tabacco da solo è responsabile del 33% delle neoplasie, un altro 33% è legato ad altri stili di vita, dieta, sovrappeso, abuso di alcol e inattività fisica. Ciò significa che potremmo prevenire il 66% dei tumori, potremmo avere 248.820 diagnosi annue in meno con un risparmio per il SSN di oltre 12,5 miliardi l’anno.

Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte nel nostro Paese, essendo responsabili del 35,8% di tutti i decessi. Investire e sensibilizzare i più giovani sulla prevenzione primaria è fondamentale, infatti sullo sviluppo delle patologie cardiovascolari giocano un ruolo di primo piano i fattori di rischio modificabili (ipertensione, ipercolesterolemia, diabete, sovrappeso, fumo, sedentarietà).

COSA POSSIAMO FARE DI CONCRETO?

Siamo noi i veri artefici del cambiamento e allora cosa possiamo fare attivamente? Piccole semplici azioni potrebbero avere un grande impatto.

  •  Riduciamo il consumo di zuccheri e di bevande zuccherate. Non aspettiamo la sugar tax per farlo, siamo noi stessi ad influenzare la domanda, non attendiamo che i mercati cambino l’offerta se non siamo noi i primi a farlo.
  • Facciamo una dieta ricca di vegetali. I vegetali secondo le regole del piatto sano dell’Università di Harvard dovrebbero occupare la metà del piatto, costituendo quindi parte integrante del pasto e non solo un mero accompagnamento.
  • Svolgiamo attività fisica. Non siamo nati per essere sedentari, condurre uno stile di vita attivo diminuisce il rischio di sviluppare sovrappeso/obesità e con esso il rischio di sviluppare patologie croniche.
  •  Educhiamo i nostri bambini fin da piccoli ad un’alimentazione buona e sana, teniamoli lontani dal cibo spazzatura e diamo noi adulti il buon esempio.
  • Riscopriamo il cibo vero e lasciamo sullo scaffale del supermercato il cibo ultra processato, ormai impoverito di preziosi nutrienti e micronutrienti.
  • Pensiamo anche all’ambiente, piccole azioni possono fare la differenza.
  • Iniziamo ad essere più consapevoli sulla nostra salute, impariamo a conoscere i nostri fattori di rischio e a prevenirli. 

 

E LO STATO COSA POTREBBE FARE?

Incentivare e investire di più sulla prevenzione, così da abbassare i costi del sistema sanitario nazionale. In che modo? Lungi da me avere risposte certe ma credo che alcune piccole azioni concrete potrebbero essere utili.

  • Rimuoviamo il cibo spazzatura dai distributori automatici! Nei luoghi pubblici non dovrebbero essere venduti alimenti che nuocciono alla salute ancor di più se questi luoghi sono ospedali o scuole. Sarebbe inutile per un genitore insegnare una buona alimentazione al bambino se poi questo ritrova junk food nel distributore a scuola.
  • Iniziamo dagli ospedali! In fondo sono un luogo di cura e quale miglior cura se non la prevenzione? Perché non servire un cibo più confortevole e più adatto allo stato di salute dei pazienti? Perché nei reparti di oncologia si danno determinate raccomandazioni alimentari ma poi il cibo servito è spesso in netto contrasto con tali raccomandazioni? Perché non iniziare proprio dagli ospedali a fare informazione e formazione anche sulla sana alimentazione e sulla prevenzione?
  • Inseriamo come insegnamento obbligatorio nelle scuola “educazione alla salute/educazione alimentare”. Così come vengono insegnate tante altre materie perché non aumentare la nostra cultura su un tema così importante come la salute? Se ci venisse insegnato fin da ragazzini l’importanza di mangiare bene per prevenire determinate patologie probabilmente saremmo tutti più consapevoli.
  • La prevenzione dovrebbe iniziare dal medico di famiglia! Lungi da me fare di tutta l’erba un fascio ma credo fermamente che il medico di famiglia dovrebbe essere il primo a conoscere a fondo il suo paziente, ad ascoltarlo, ad indirizzarlo verso la prevenzione. Se fare ciò non è possibile perché vi sono troppi pochi medici di base e troppi pazienti aumentiamo allora il rapporto tra medici di famiglia e assistiti. Perché per esempio ad un paziente sovrappeso che presenta alcuni fattori di rischio cardiovascolare viene consigliato senza indugi il trattamento farmacologico senza sensibilizzarlo anche ad agire sullo stile di vita? Spesso il paziente non lo fa non per mancanza di volontà ma per mancanza di conoscenza.
  • Iniziamo a praticare un modello di medicina centrato sul paziente dove non si punti solo alla soppressione del sintomo.

 

Per concludere vorrei riportarvi un esempio pratico basato su una condizione assai comune. Prendiamo il caso di una persona che all’età di 50 anni presenta alcuni fattori di rischio: sovrappeso, circonferenza vita superiore a 88 cm, insulino-resistenza, colesterolo LDL elevato, trigliceridi elevati, valori pressori lievemente alterati. Questo soggetto potrebbe sviluppare diabete e/o una patologia cardiovascolare, grazie alle terapie mediche potrebbe vivere comunque a lungo ma da malato cronico con una vecchiaia caratterizzata da una bassa qualità di vita. Al contrario tale soggetto potrebbe essere informato sulla reversibilità di questi fattori di rischio, potrebbe essere aiutato e incentivato a cambiare stile di vita; grazie ad un’alimentazione corretta e personalizzata e all’attività fisica avrebbe la possibilità di migliorare nettamente le sue analisi, di raggiungere il normopeso abbassando così notevolmente il rischio di sviluppare una patologia cronica e aumentando la durata di vita in salute.

PIU’ VANTAGGI PER TUTTI

Considerati i costi che il Servizio Sanitario Nazionale sostiene per la cura di chi è affetto da patologie croniche, sarebbe più facile investire nella diffusione di sani stili di vita. Una scelta più conveniente per lo Stato e più utile per noi per garantirci una longevità in salute.

Dr.ssa Beatrice Venturi


Bibliografia:

  • Healthy lifestyle and life expectancy free of cancer, cardiovascular disease, and type 2 diabetes: prospective cohort study; Bmj 2020.
  • Health effects of dietary risks in 195 countries, 1990–2017: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2017, Lancet 2019
  • I numeri del cancro in Italia 2020; Epicentro Iss
  • Le malattie cardiovascolari; Salute.gov
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